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Natale 2015: auguri dallo Zambia

Come di consueto, anche quest'anno don Francesco Airoldi ha inviato da Kanyama (Zambia) una lettera di auguri nella quale ci dona le sue personali riflessioni e uno spaccato della - a noi, poco conosciuta - realtà nella quale Dio l'ha chiamato a operarare come portatore di pace.

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19 dicembre 2015

Carissimi Amici è notte! Mi trovo qui, solo come al solito, nella mia camera. Il rumore assordante della pioggia incessante sulle lamiere del tetto copre ogni altro suono di vita. Il buio dovuto all’assenza quotidiana e prolungata della corrente spegne ogni possibile movimento. E le lunghe ore che separano il tramonto dall’alba rischiano spesso di essere un tempo senza fine. E allora se le batterie hanno abbastanza energia per dare ancora un po’ di luce, leggo e rifletto...

 

Se guardo indietro a questo anno 2015 non posso certo dire che le cose siano andate tanto bene. La profonda crisi economica che con lo scorrere dei mesi ha portato lo Zambia ad essere il paese al mondo con la svalutazione più alta, sta veramente mettendo in ginocchio la mia gente e tutti noi. La crisi politico-economica-energetica è così grave che nessuno riesce ad intravvedere una fine vicina. I prezzi di tutto si sono quantomeno raddoppiati;  la produzione industriale si è dimezzata; l’erogazione della corrente su scala nazionale non supera mai dodici ore sulle ventiquattro; le miniere chiudono; la gente perde il lavoro; la corruzione, con l’elezione del nuovo presidente lo scorso gennaio, è ritornata ad essere la legge degli organismi governativi; il potere d’acquisto dei salari si è dimezzato... e tutto sembra non funzionare più come prima, quando almeno la gente poteva permettersi un vita che garantiva gli elementi di base.

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Sono sicuro che probabilmente non avete mai sentito parlare di queste cose. I paesi africani e sopratutto lo Zambia, non hanno grandi spazi nei nostri notiziari o nelle nostre testate. Qui nessuno si uccide, almeno per ora; qui non ci sono terroristi che mettono bombe e qui non ci sono neppure i tanto temuti musulmani e quindi non facciamo notizia. Solo la gente, con grande dignità, soffre perchè non ha il lavoro, non può mangiare più molto e magari non riuscirà più a mandare i figli a scuola.

 

Ma continuiamo sul 2015. Anche io non è che sia andato molto bene. Sarà l’età o sarà il carico continuo e sempre più grande di responsabilità, ma la salute inizia a lanciare segni di fatica. Il problema all’orecchio che nel mese di maggio mi ha trattenuto in Italia troppo, per via dell’operazione in ospedale e dei suggesssvi controlli, non è che sia del tutto risolto. Nonostante la verifica dello scorso ottobre e di quella del prossimo febbraio capisco che forse dovrò acccettare di rimanere un po’ sordo. Ma forse è meglio così!

Non vi racconto poi ciò che accaduto nelle nostre missioni in Zambia in questo anno 2015. Sarebbe troppo. Sta di fatto che la notte c’è e fa sentire il suo peso. Se penso poi che il prossimo anno, dopo aver lavorato quasi per dieci anni, dovrò lasciare la mia missione di St Maurice, certo non ho tempo per rilassarmi! In fondo però sono contento di poter riconsegnare alla Diocesi di Lusaka una comunità che, da quando arrivai nel lontano 2007, è cresciuta e si è ingradita velocemente e, in maniera insapettata, è diventata una realtà molto attiva non solo a livello ecclesiale ma anche sociale. Quest’anno abbiamo completato la costruzione della scuola secondaria (superiore) così che dall’anno prossimo potremo offrire un servizio educatico che va dalla scuola materna alle superiori, e che a regime darà la possibilità a circa 1600 bambini, ragazzi e giovani di andare a scuola nel loro quartiere. Certo non possiamo accomodare tutti. Non basterebbero 10.000 posti! Ma è un segno di speranza per lo slum di Kanyama che pur avendo 300.000 abitanti non ha nessuna scuola governativa.

Non so dove andrò a finire dopo! Certo è che non ho per ora alcun desiderio serio di tornare in Italia. Io continuo a coltivare il mio sogno di poter lavorare in un paese musulmano, anche se purtoppo credo che nessuno mi aiuterà a dare forma a ciò a cui mi sento chiamato ora. Nonostante tutto ciò che succede e che ci fa piombare spesso nella notte, non mi rassegno all’idea di dover pensare che il mondo islamico debba essere per forza così solo negativo e pericoloso. Tra le mie letture notturne c’è un libro che mi ha accompagnato nel 2015. “I sette uomini di Dio” Un testimone racconta la vicenda dei martiri di Tibhirine.

Il libro che racconta la storia dei monaci trappisti del monsatero dell’Atlas, in Algeria, rapiti e uccisi da un gruppo di terroristi islamici, riporta all’inizio il testamento del priore, Padre Christian. Ne cito alcune parti: «Se un giorno mi capitasse – e potrebbe essere oggi - di essere vittima del terrorismo [...] vorrei che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era stata donata a Dio e questo paese. Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estaneo a questa dipartita brutale. [...] Che essi sapessero associare questa morte a tante altre, ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza e nell’anonimato. La mia vita non ha più valore di un’altra [...] E anche tu, amico dell’ultimo istante, che non saprai quello che starai facendo, sì, anche a te voglio dire questo grazie e questo AD-DIO, che porta il tuo volto. E che ci sia dato di incontrarci di nuovo, ladroni colmati di gioia, in paradiso, se piace a Dio, Padre Nostro, Padre di tutti e due. Amen! Inshallah!».

Poco dopo aver scritto questo testamento Padre Christian e altri sei monaci furono rapiti e uccisi. La notte cadde anche allora tenebrosa più che mai.

Ma mi è venuto in mente, pensando al Natale, come è interessante osservare che nella Bibbia e nella storia del popolo di Israele, tutte le cose importanti sono accadute nella notte, nelle tenebre. All’inizio non c’era nulla ed era notte, ma la Genesi ci racconta che Dio volle luce e da quel momento tutto prese colore. Fu anche nella notte quando Dio, con l’aiuto di Mosè, guidò il suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto alla terra promessa.
Anche noi spesso camminiamo nelle tenebre. Non sappiamo dove staimo andando e perchè. La nostra vita è spesso paragonabile ad un mistero tenebroso e sembra che non ci sia riflesso di luce in alcuna direzione. Ma il profeta Isaia molto tempo fa ha scitto anche per noi che “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; a quelli che vivevano in una terra di ombre profonde una luce  è apparsa”.

Credo proprio che il Natale di Gesù possa parlarci così in questo anno 2015. Se anche siamo stati avvolti nelle tenebre, la promessa di una luce che sorge è ciò che può farci intavvedere una nuova felicità e una speranza di pace per noi e per tutti. Al di là di tutto.

Con affetto e riconoscenza vi abbraccio e vi auguro ancora un Natale di luce.

don Francesco Airoldi
Kanyama, Lusaka - Zambia

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