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Siria: la crudele ipocrisia delle sanzioni

Siria, marzo 2013

Don Alessandro Magni, parroco di Albavilla ha fatto pervenire in redazione una lettera inviata da suor Marta, trappista in Siria che alcuni parrocchiani di Albavilla hanno incontrato nel viaggio fatto in Siria prima che esplodesse la guerra civile.

siria

Nella sua lettera, suor Marta - che verrà in visita nel prossimo mese di maggio - racconta quello che gli organi di stampa “ufficiali" non  fanno sapere: ciò che quotidianamente accade a un popolo stremato non solo dalla guerra civile ma "strangolato" dalle conseguenze dirette e indirette delle sanzioni internazionali.

Volentieri, la pubblichiamo.

 

Siria: ancora un bollettino di guerra. Ma questa volta non la guerra che stanno combattendo esercito e ribelli, una guerra che è diretta da grandi potenze e da grandi interessi, e che ci supera, noi e voi che leggete. Vi chiediamo di riflettere su una guerra a cui anche noi diamo il nostro consenso, in nome di una sedicente prassi democratica, e sulla quale possiamo invece sperare di fare pressione.

Stiamo parlando delle sanzioni internazionali e della strage quotidiana che esse provocano. Ci commuoviamo e ci indigniamo alla notizia che in un bombardamento sono morti sette bambini e tre donne. Perché non ci sconvolge il fatto che ci siano intere famiglie ridotte alla fame a causa nostra? Pensate sia più duro morire improvvisamente sotto un bombardamento, oppure morire lentamente di inedia un giorno dopo l’altro ? È più crudele raccogliere il corpo dei propri figli sotto le macerie, o vederli lamentarsi e soffrire per giorni e giorni per la mancanza di medicine nella più completa impotenza? Le sanzioni stanno uccidendo molto più delle bombe. Uccidono la speranza.

Molti uomini  da mesi non hanno lavoro, e non hanno prospettive di trovarne: nella sola zona di Aleppo, 1500 officine, laboratori, piccole industrie sono state distrutte. I macchinari rubati, e trasportati in Turchia. Una vera razzia. In Siria cominciano a non trovarsi più le piccole cose anche banali, piccoli oggetti in plastica, in metallo. Con cosa si lavora, se manca tutto? In città ci si inventa qualcosa, si vende di tutto pur di guadagnare almeno il pane. Si affitta un’auto, ci si improvvisa trasportatori verso destinazioni pericolose, dove nessun’altro accetta di andare. Come George, padre di tre figli, che pur di lavorare è  morto in questo modo ai confini della Turchia, ucciso da cecchini, “liberatori della Siria”. In campagna i contadini non osano seminare, troppo pericoloso, almeno in certe zone. E poi manca il gasolio... senza gasolio non vanno le pompe dell’acqua... con cosa si irriga? E i trattamenti e i concimi, molti dei quali importati, soprattutto dopo che sono state bruciate fabbriche chimiche e magazzini, sono costosissimi e, anche se si dispone di denaro, spesso introvabili. Anche i più poveri, che hanno solo qualche mucca, la stanno vendendo: tra mangimi e foraggi il costo degli alimenti è al minimo 60/70 lire al chilo, quando un litro di latte si vende a 25. I rapimenti, in tragica crescita, e la delinquenza in generale, sono un’altra conseguenza delle sanzioni.

Certo, ci direte: che ingenuità! Le sanzioni sono fatte apposta per esasperare un paese, e un paese esasperato significa pressione sui suoi politici e quindi un intervento democratico efficace. È quello che vogliono i politici. Va bene. Ma la nostra domanda è: lo volete anche voi? Voi volete davvero questo? Volete avere responsabilità sulla sofferenza e la morte di tante persone innocenti, in nome di un intervento che loro non vi hanno chiesto?

Sì, il popolo siriano vuole la sua libertà e i suoi diritti, ma non così, non in questo modo. Stiamo uccidendo la speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo.

Siete convinti che bisogna pur pagare un prezzo per ottenere libertà e democrazia? Benissimo. Allora digiunate voi nelle nostre piazze europee, a favore della Siria. Lasciate che qui ognuno scelga se e come dare la vita per ciò in cui crede, e che ritiene importante, compresa però la libertà di dare la vita per il proprio paese, per non vedere la Siria distrutta, anche se questo non coincide con il vostro pensiero.

Costringere un popolo alla fame, alla rabbia, alla disperazione, perché si ribelli, è forse metterlo in grado di esercitare una scelta democratica? Che razza di idea di democrazia e di libertà abbiamo? Il lavoro è una grande forza per un popolo, fà crescere, dona dignità, crea prospettive, educa alla libertà vera. È una forza democratica, perché dà potere alle persone. Uccidere il lavoro è un altro modo di uccidere vite. Tante. Le sanzioni internazionali - nel caso della Siria ma anche in tutte le altre situazioni - sono uno strumento iniquo e ipocrita: ci lascia l’illusione di non sporcarci le mani con il sangue altrui. Ma non è vero.

“A latere” nasce anche qualche domanda: ...e tutte le piccole o grandi aziende italiane, per esempio, che avevano scambi commerciali con la Siria? Le sanzioni non sono un danno indiretto anche sulle nostre economie? La Siria stava economicamente e socialmente crescendo. Piano piano, ma con continuità. Ora è tornata cinquant’anni indietro. E adesso si raccolgono milioni di dollari di aiuti umanitari. Con spese enormi di invio, di distribuzione. Per dare cibo là dove si è lasciato bruciare il grano... per dare coperte là dove si sono lasciati distruggere i magazzini... Che senso ha? Certo, deve esserci un guadagno per qualcuno, altrimenti che interesse avrebbe il mondo politico internazionale a dirigere le cose in questo modo? Ma, alla fine, la nostra domanda è ancora: VOI volete davvero questo? Volete combattere questa guerra contro un intero popolo?

Se la vostra risposta è «NO», allora, FATE QUALCOSA.

Ve lo chiediamo con tutte le nostre forze e la nostra preghiera, a nome di tanti siriani.

Raccogliete firme, fate petizioni a livello europeo, fate conferenze per sensibilizzare la gente, create associazioni pacifiche di industriali che facciano pressione per riaprire il commercio con la Siria. Pensate voi come, con gli strumenti adatti, ma fate qualcosa. E in fretta. C’è gente che muore, tanta. E tanta che se ne va, e per sempre.

Le sorelle Trappiste in Siria

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